Gli effetti (negativi) della AI sul cervello

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Devo ammetterlo, ormai faccio un uso dell’intelligenza artificiale (anche conosciuta come AI o IA) praticamente quotidiano. Da quando è stato rilasciato ChatGPT 3 è stato un crescendo di esperienze ed esperimenti. Lo utilizzo anche nella mia professione di psicologo, ne ho parlato in questo post su LinkedIn.

Però alcune volte mi capita di chiedermi se l’utilizzo massivo dell’intelligenza artificiale possa avere degli effetti negativi sul cervello ed in generale sul nostro benessere. In questo articolo voglio invitarti a riflettere sugli effetti negativi della AI sul nostro cervello che ho individuato, tralasciando volontariamente i numerosi vantaggi per i quali scriverò un articolo dedicato.

Gli effetti negativi della AI sul nostro cervello includono: pigrizia, lentezza mentale, perdita di motivazione, ridotta capacità di immaginazione, dipendenza.

Se non mi conosci io sono il Dott. Simone Zamboni. Sono uno psicologo e nella vita mi occupo di insegnare alle persone a rapportarsi in maniera sana ed equilibrata con la tecnologia.

1) Più pigri e più svogliati

Ero al ristorante con un gruppo di amici per una cena conviviale. Ognuno aveva consumato pietanze diverse: chi una pizza, chi un secondo di carne, altri un primo di pesce e così via. Decidiamo di pagare alla romana, cioè dividiamo il totale per il numero di partecipanti, ma cogliamo l’occasione per saldare dei vecchi debiti che trascinavamo da diverso tempo. Luca deve 10€ ad Andrea, ma Andrea ne aveva anticipati 5,50 ad Arianna per il compleanno di Matteo… Insomma hai già capito che confusione. Mi viene l’idea di far risolvere il laborioso calcolo a ChatGPT, io avrei solamente dovuto controllare che i conti tornassero.


Viviamo in un’epoca dove l’AI fa un sacco di cose al posto nostro, dai lavori più noiosi a quelli super complessi fino ai mestieri creativi. Decisamente comodo. Però, questa comodità secondo me ha il suo prezzo: rischiamo di diventare più pigri e svogliati. Pensaci un attimo: il nostro cervello è come un muscolo che va tenuto in forma. Se smettiamo di usarlo perché c’è l’AI che pensa e agisce al posto nostro, finiamo per perdere tono. Questo secondo me è uno dei maggiori effetti della AI sul nostro cervello dal quale dobbiamo stare attenti. Pensa che quando lavoravo come psicologo in RSA le principali attività con i pazienti geriatrici erano proprio quelle di stimolazione delle funzionalità cognitive residue. Come dicono gli inglesi “use it or lose it“, cioè o lo usi o lo perdi.

Quando ci affidiamo troppo all’AI, ci priviamo della soddisfazione di risolvere problemi con la nostra testa, ci priviamo di quel senso di realizzazione che ci fa sentire bene con noi stessi e che aumenta la nostra autostima. Non abbiamo quel senso di gratificazione che c’è quando si risolve autonomamente un compito o una sfida impegnativa. In questo senso abusare dell’AI per lavorare al posto nostro potrebbe farci perdere la motivazione all’impegno, allo sforzo e alla gratifica.

Non sto dicendo di buttare via tutta l’intelligenza artificiale, ma forse dobbiamo trovare un equilibrio. Integrarci con l’AI per diventare più efficienti e migliorare la qualità del proprio lavoro? Sì, grazie. Diventare completamente dipendenti da essa e dimenticarci come usare il nostro cervello? No, grazie.

Per tenere il cervello in forma, cerchiamo di sfidarci un po’ ogni giorno. Impariamo qualcosa di nuovo, risolviamo un problema senza ChatGPT o Google Gemini, tiriamo fuori la creatività. Così, manteniamo la nostra mente agile e ci godiamo i benefici dell’AI senza diventarne dipendenti. Non farlo significare potenzialmente causare dei danni al nostro cervello.

2) La perdita di immaginazione: addio sindrome del foglio bianco


Trai i danni dell’AI al cervello ce n’è uno più particolare degli altri. L’arrivo dell’intelligenza artificiale
ha messo la creatività umana di fronte a un bivio inaspettato. Se da un lato l’AI ci libera dalla temuta “sindrome del foglio bianco“, inondandoci di idee in pochi secondi, dall’altro ci spinge verso una sottile ma significativa perdita di immaginazione. Le idee proposte dall’AI, per quanto numerose e variate, non sono il frutto del nostro pensiero. Esse rappresentano una scorciatoia, che bypassa quel processo fatto di noia, riflessione e meditazione capace di generare prodotti sorprendenti e profondamente nostri.

La noia, spesso vista come nemica della produttività, in realtà gioca un ruolo cruciale nella stimolazione creativa. È nei momenti di apparente stasi che la nostra mente vaga libera, esplorando angoli inesplorati dell’immaginazione. La meditazione e la riflessione, allo stesso modo, sono attività che alimentano l’anima creativa, permettendoci di partorire idee uniche e personali.

3) La perdita della capacità di prendere decisioni

Viviamo in un mondo che ci chiede costantemente di prendere delle decisioni. dall’ora in cui puntare la sveglia, alla scelta dei pasti fino allo svago, senza dimenticare le decisioni in ambito lavorativo. Scelte per le quali ci assumiamo il rischio di sbagliare ma anche l’onore di aver scelto bene.

Delegare all’AI le scelte quotidiane potrebbe sembrare allettante. Dopotutto, l’AI ha la capacità di elaborare un numero impressionante di variabili, offrendo soluzioni ottimali basate su dati e probabilità. Ma cosa accade quando trasferiamo questo potere decisionale all’intelligenza artificiale? La risposta è duplice e merita una riflessione approfondita.

Innanzitutto, affidandoci eccessivamente all’AI, corriamo il rischio di diventare automi, privi di quel senso di autonomia che ci definisce come esseri liberi. Questa dipendenza tecnologica può erodere gradualmente la nostra capacità di prendere decisioni autonome, relegandoci a un ruolo passivo nella nostra esistenza. Non siamo più gli architetti delle nostre vite, ma semplici spettatori di scelte predeterminate da algoritmi.

Inoltre secondo me esiste un valore intrinseco nelle decisioni imperfette e nella bellezza degli esiti inaspettati. Spesso, le scelte che sembrano errate in un primo momento possono aprire le porte a opportunità uniche e a sviluppi positivi inaspettati. La capacità di navigare attraverso errori e successi contribuisce in modo significativo alla nostra crescita personale e al nostro sviluppo emotivo.

4) Sempre più dipendenti

L’uomo ha sempre vissuto in una certa dipendenza da elementi fondamentali come il cibo, il sole e la pioggia. Con il passare del tempo e l’avanzare del progresso tecnologico, questa lista si è arricchita di nuove “necessità“, a dir la verità poco facoltative: pensiamo allo smartphone, ai computer, all’accesso ai siti web e, ora, all’intelligenza artificiale. Quest’ultima, in particolare, sta diventando un’estensione quasi naturale della nostra quotidianità, infiltrandosi in ogni aspetto della vita personale e lavorativa.

Man mano che ci integriamo con questi strumenti, in particolare con l’IA, aumenta anche la nostra vulnerabilità nei confronti di potenziali disagi derivanti da sospensioni temporanee del servizio o malfunzionamenti. È come se, a poco a poco, stessimo cedendo pezzi della nostra indipendenza in cambio di una comodità apparentemente insostituibile. Il rischio è che, nel lungo termine, ci ritroviamo incapaci di funzionare senza il supporto costante dell’intelligenza artificiale, rendendo ogni interruzione non solo un inconveniente tecnico, ma una vera e propria crisi personale.

Questo scenario solleva interrogativi fondamentali sulla nostra capacità di rimanere autonomi e resilienti in un’epoca sempre più dominata dalla tecnologia. La mia generazione (nel momento in cui scrivo ho 30 anni) ha imparato a cavarsela senza troppa tecnologia e tornare indietro costerebbe si fatica, ma sarebbe un’impresa possibile. Mi chiedo però se le generazioni che stanno nascendo in questi anni sapranno cavarsela autonomamente o se vedranno nell’AI una protesi indispensabile.

Conclusioni scientifiche

Gli effetti negativi dell’AI sul cervello umano non sono ancora stati esplorati a fondo e manca una corposa letteratura sull’argomento. Anzi a dirla tutta la letteratura e la ricerca in questo ambito sono molto scarse ed incomplete. Ci si deve perlopiù affidare alle ricerche sui danni e sui potenziali rischi della tecnologia in senso lato, considerando l’AI come una sua branca o sottoprodotto.

In questo senso i rischi dell’abuso di tecnologia comprendono sintomi come il deficit di attenzione, intelligenza emotiva e sociale compromessa, dipendenza dalla tecnologia, isolamento sociale, sviluppo cerebrale compromesso e disturbi del sonno (Small et al., 2020).

Bibliografia

Small, G., Lee, J., Kaufman, A., Jalil, J., Siddarth, P., Gaddipati, H., Moody, T., & Bookheimer, S. (2020). Brain health consequences of digital technology use
. Dialogues in Clinical Neuroscience, 22, 179 – 187. https://doi.org/10.31887/DCNS.2020.22.2/gsmall.

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Mi chiamo Simone Zamboni e sono uno psicologo clinico. Ricevo a Brescia e online.